Sono un'insegnante di sostegno, che si occupa da due anni della stessa classe di un istituto tecnico (attualmente una seconda superiore). Una studentessa certificata come DSA è causa di preoccupazione per il Consiglio di classe. La ragazza, infatti, manifesta gravi difficoltà nella comprensione e nell'apprendimento dei contenuti curricolari, sia per carenze dal punto di vista cognitivo (come affermato sul PDP) sia per mancanza di applicazione nello studio. Spesso non si presenta a scuola il giorno delle verifiche programmate, costringendo i docenti a rimandarle, evitando accavallamenti con verifiche di altre discipline. La famiglia, anziché collaborare con la scuola, ha assunto un arrogante atteggiamento di sfida, aspettando che i docenti commettano un errore, per inviare a scuola minacce di ricorso da parte dei propri avvocati. L'anno scorso la ragazza è stata promossa con 6 in tutte le materie, nonostante rischiasse la bocciatura, per un errore dei colleghi, i quali inavvertitamente avevano assegnato più di una verifica lo stesso giorno. Il timore di strascichi legali ha indotto il DS a costringere il CdC alla promozione in tutte le materie.
Quest'anno avevo stilato un patto scuola-famiglia, allegato al PDP, in cui si esplicitava che, in caso di assenze durante le verifiche programmate, lo studente sarebbe stato sottoposto a verifica la prima volta utile (salvo altre verifiche da sostenere nello stesso giorno). La famiglia della ragazza si rifiuta di firmare il PDP, non accettando tale clausola. Inoltre, per un errore materiale di un collega, che ha interrogato la studentessa in un giorno in cui aveva una verifica programmata, i genitori hanno già fatto reclamo, presentandosi con gli avvocati a scuola e umiliando alcuni colleghi.
La situazione è insostenibile, la scuola sembra privata di ogni autorevolezza, e non le nego che i colleghi, memori degli sgradevoli avvenimenti dell'anno precedente, hanno paura e adottano criteri di valutazione molto più blandi per la ragazza in questione.
Mi chiedo se ci sono delle normative a cui la scuola si può appellare, per garantire un'equità di valutazione e per non essere costantemente umiliata dall'intraprendente arroganza di queste persone. Secondo lei è accettabile che la famiglia si rifiuti di firmare il PDP per via del patto scuola-famiglia? Come si potrebbe tutelare la scuola di fronte alla minaccia di ricorso?
Il fatto che un docente sbagli, dimenticandosi di controllare la presenza di altre verifiche, può comportare la promozione della ragazza, sanando tutte le insufficienze presenti al momento degli scrutini?
La scuola non è assolutamente obbligata a subire una situazione del genere.
Basta seguire correttamente la normativa e le minacce dei genitori, avvocati compresi, non devono fare nessuna paura.
In base alla normativa vigente (DM 5669/11 in particolare) lo studente con DSA ha diritto a modalità di valutazione che gli consentano di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, senza essere penalizzato dal suo disturbo. Trasformare queste sacrosante tutele in una specie di diritto all’impunità, oltretutto con atteggiamenti così arroganti, è inaccettabile non solo perché lesivo della dignità della scuola ma perché contrario ad ogni principio educativo.
Non c’è nessun diritto alle interrogazioni programmate. È una forma di tutela che può essere inserita nella didattica personalizzata, e formalizzata nel PDP, ma che richiede rispetto reciproco degli impegni. Se la ragazza non si presenta a scuola il giorno in cui è stata concordata la verifica, salvo casi particolari e ben documentati, salta l’accordo e viene interrogata come gli altri. Se la famiglia rifiuta di sottoscrivere un principio elementare come questo, la scuola procede lo stesso. È nel suo pieno diritto.
Ricordo che il PDP è un documento redatto dalla scuola in raccordo con la famiglia (Linee Guida MIUR DSA 2011). Può essere concepito anche come un “patto” con la famiglia, e in questi casi va ovviamente sottoscritto, ma questo non è indispensabile. Se la famiglia non collabora la scuola procede da sola, senza avere nessuna paura dei ricorsi.
Quanto all’ingerenza degli avvocati: queste persone esterne si rapportano solo con il dirigente, mai con gli insegnanti. Non deve avvenire quello che lei dice: «i genitori hanno già fatto reclamo, presentandosi con gli avvocati a scuola e umiliando alcuni colleghi».
Gli avvocati presentano reclamo alla scuola e parlano con il DS o un suo rappresentante. Successivamente il DS chiede chiarimenti agli insegnanti coinvolti e prepara le sue controdeduzioni.
Un singolo errore nel calendario delle verifiche non annulla di sicuro la validità della valutazione complessiva. Ma va responsabilizzata anche la ragazza: nel caso dovesse avvenire una sovrapposizione di verifiche dovrà segnalarlo subito, non stare zitta pensando così di poter successivamente rivalersi con gli avvocati di famiglia.
Con la situazione da lei descritta la scuola non ha nulla da temere dai ricorsi. Basta ovviamente che tutto venga ben registrato e documentato.