Seguo da quest'anno un alunno con autismo grave, non verbale, con diversi comportamenti-problema (seconda media, orario ridotto di 18 ore). Dopo i primi mesi di difficile adattamento alla nuova insegnante (ho ricevuto morsi, graffi, tirate di capelli ect.) finalmente il ragazzo ha imparato a fidarsi, mi riconosce come guida e le cose sono nettamente migliorate. I genitori, avvocati di successo e da anni in scontro con la Scuola, sono molto contenti del mio operato e dell'educatore che mi affianca, tanto che vorrebbero aumentare le ore di frequenza scolastica del figlio. Minacciano di far ricorso al TAR e far valere il diritto allo studio. Pur volendo andare incontro alle richieste della famiglia e vedendone i presupposti favorevoli, è tuttavia partito un balletto al rilancio sulle ore da aumentare. La famiglia parla di 6 ore che, a nostro avviso (Consiglio di classe e preside), sarebbero troppe e deleterie per il benessere dell'alunno. Davanti alle richieste irrealistiche di una famiglia chiaramente esasperata, chi, in ultima istanza, decide le ore di frequenza dell'alunno? Nel dubbio ho convocato un incontro con l'equipe psicoeducativa pur essendo da poco arrivata una nuova neuropsichiatra che non conosce il ragazzo.
Vorrei fare una domanda: riguardo alla corresponsabilità educativa che con le nuove norme prevede che i genitori siano partecipi al programma scolastico del proprio figlio: può un genitore in disaccordo completo con il piano di lavoro fornito dalla ASL alla scuola, opporsi fermamente alla sua realizzazione con la convinzione che si stia facendo un danno grave? In caso i dubbi del genitore non siano ascoltati o presi in considerazione né dalla ASL né tantomeno dalla scuola, può il genitore "imporre" alla scuola la consulenza diretta di uno specialista della riabilitazione che possa collaborare con il sostegno per il bene del bambino? Parlo ovviamente del caso limite in cui la scuola e la ASL siano completamente oppositori alle rimostranze della famiglia.
Ragazzo in ingresso in prima superiore. Ha effettuato nel corso dell'anno incontri e permanenze nella nuova scuola affiancato dal proprio assistente e da quello che si pensava di assegnargli il prossimo anno. Adesso la famiglia presenta una richiesta per metodo WOCE sostenendo che ha da poco visto una neuropsichiatra (privata) che le ha consigliato questo metodo.
Secondo la neuropsichiatra é nostro dovere accettare.
Preciso che la richiesta del finanziamento per il progetto di assistenza é stata già fatta e per il ragazzo si era previsto tutt'altro, in virtù dei mesi di lavoro fatti per accoglierlo.
Alunni disabili, entrano più tardi, escono prima per seguire terapie. La circostanza rileva ai fini della gestione delle assenze? Oppure determina la definizione di un orario personalizzato? E poi... chi decide che alunno con disabilità non ce la fa a fare 6 ore quotidiane e può uscire alle 13?