DVA è l’abbreviazione di diversamente abile o diversabile.
È una terminologia che si è diffusa solamente in Italia. È nata negli Anni ’90 e l’intenzione di chi l’ha promossa era senza dubbio positiva: considerare quello che la persona sa fare anziché quello che non sa fare, ma il tentativo di trasformarla in un sinonimo politicamente corretto di disabile è oggi molto contestato, soprattutto dai diretti interessati (associazioni, genitori, e singole persone). Per averne un esempio, leggete cosa dice dell’espressione “Diversamente abile” Massimiliano Verga, padre di un bambino con disabilità gravissima, nel suo libro Zigulì.
A parte questioni di gusto e opportunità (ad esempio: perché usare il termine diversamente per contrastare un preconcetto di diversità?) si sostiene in particolare che il mondo della disabilità comprende anche persone che di abilità, per quanto diverse, purtroppo non ne hanno proprio. Possiamo, onestamente, chiamare diversamente abile una persona che dipende sempre e per tutto dagli altri, in tutte le funzioni quotidiane? È proprio da queste persone, e dai loro familiari, che viene spesso vivacemente avversato, come inutilmente ipocrita e falsamente consolatorio, il termine diversamente abile.
La Convenzione O.N.U. sui diritti delle Persone con disabilità ha ufficializzato formalmente l’espressione, che compare anche nel titolo, “Persone con disabilità” ed oggi è l’unica giudicata da tutti corretta, eventualmente declinabile, a scuola o in altri contesti, nelle sue forme derivate come alunno con disabilità, bambino con disabilità studente con disabilità ecc.
È evidente che la diffusione nelle nostre scuole della sigla DVA deriva dall’esigenza, o dalla comodità, di avere a disposizione delle abbreviazioni funzionali, soprattutto in contesti in cui l’espressione viene utilizzata molto spesso, e ha preso di fatto il posto della onnipresente lettera “H” di qualche anno fa quando in tutte le scuole si parlava di alunni H, aula H, gruppo H ecc.
Se facciamo lo sforzo di chiamarli correttamente, è molto meglio. Questa, in ogni caso, è la linea seguita nel Gruppo Facebook Normativa Inclusione.