La normativa non entra nel merito di queste scelte e lascia decidere le singole scuole in base al principio della flessibilità didattica. Ma questo non significa arbitrio: queste decisioni vanno condivise e formalizzate nel PEI, alla cui redazione partecipano anche i genitori, e assunte in base a un progetto che deve essere sempre riferito all’effettiva convenienza della scelta, rapportata all’alunno, ovviamente, non agli insegnanti. Ricordiamo che convenienza significa confronto tra vantaggi e svantaggi, e va sempre verificata.
Cosa fa l’alunno quando esce? Cosa fanno i compagni? L’insegnante di classe sa cosa sta facendo l’alunno fuori? È un suo alunno anche quello, è bene ricordarselo. E l’insegnante di sostegno o l’educatore sanno cosa sta facendo la classe? Hanno deciso come concretamente raccordare le due attività?
Può aver senso se si esce per uno scopo non semplicemente perché è previsto dall’orario settimanale.
Ricordo che la L. 104, art. 12 c. 2 dice che è garantito (ossia assicurato) il diritto all’istruzione degli alunni con disabilità nelle “classi”, non genericamente nelle scuole. Far sistematicamente uscire dalla classe gli alunni con disabilità rappresenta nei fatti una violazione di questa legge.
Si vedano anche le Linee Guida del nuovo PEI a pag. 50.