In effetti non sono molti i comuni che adottano il Progetto Individuale L. 328/2000: in molte zone d’Italia è del tutto sconosciuto, in altre riservato in casi eccezionali, quasi mai per minori in età scolare.
Nel DL 66/17 gli si assegna una rilevanza particolare anche per l’inclusione scolastica, prevedendo che i rapporti tra PI e PEI siano esplicitamente definiti (tant’è che il nuovo modello di PEI gli dedica una sezione apposita) ma rimane sempre un procedimento opzionale, che si attiva solo su richiesta della famiglia.
Non so se i comuni sarebbero effettivamente in grado di elaborare un progetto effettivamente utile per tutti i minori e il rischio che le teme, ossia quello di intraprendere un percorso burocratico oneroso ma dai risultati molto incerti, temo sia reale.
Secondo me si dovrebbe agire in modo diverso, chiedendo ai comuni di erogare i servizi, non tanto di approvare un PI. Nel caso che descrive, se serve un supporto domiciliare non è indispensabile un mega progetto: si può fare anche senza progetto individuale.
In molte zone d’Italia le criticità più grosse emergono al momento della transizione dalla scuola all’età adulta e se non c’è nessun un piano di intervento, che possiamo chiamare Progetto Individuale o come vogliamo, si rischia un periodo di vuoto con conseguenze anche gravi, ed è frequente vedere i genitori che chiedono disperatamente alla scuola di bocciare il figlio per tenerlo il più a lungo possibile. Soprattutto in questi casi è importante richiamare i comuni alle loro responsabilità.