Si può ancora usare l'espressione "obiettivi minimi"? O la con la nuova normativa non è più ammessa?
Nessuna norma ha mai regolamentato l’espressione “obiettivi minimi” e neppure vietata, ovviamente.
Purtroppo è una espressione che genera tanti equivoci e, per questo motivo, sarebbe da evitare. O almeno da usare sforzandosi di chiarirne il significato, senza dare nulla per scontato.
Non si può parlare di “programmazione per obiettivi minimi” perché l’alunno è in una classe e quindi anche per lui si progetta e si propone un insegnamento completo, come quello dei compagni.
“Obiettivi minimi” può essere considerato eventualmente un criterio di valutazione, definito nelle solite griglie, che indica la prestazione attesa per una valutazione sufficiente.
Questi criteri di valutazione possono essere personalizzati o validi per tutti, e questo va ovviamente chiarito, per evitare equivoci. Ricordiamo che per gli alunni con disabilità i criteri di valutazione, se personalizzati, vanno ben definiti nel PEI, materia per materia.
Nella sec. di 2° grado eventuali obiettivi minimi definiti dai Dipartimenti possono costituire un punto di riferimento per valutare l’equipollenza della prove, ma la decisione finale spetta al Consiglio di classe.
Va assolutamente evitato di chiamare, come purtroppo succede ancora spesso, “obiettivi minimi” un percorso personalizzato ma non troppo, tanto per non spaventare i genitori, oppure genericamente uno che porta al diploma. Nel primo ciclo tutte le personalizzazioni portano al diploma, nel secondo molto meglio parlare di equipollenza delle prove.